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La Critica di...
Chiara Polita - Critico d'arte
Paolo Vigato - Giornalista
Enza Gottardo - Professoressa
Cudin G. - Direttore del Museo Internazionale del Vetro d'Arte e delle Terme (Montegrotto Terme, Padova)
Paolo Levi
Salvatore Russo
Sandro Serradifalco
Alessandra Possamai Vita - Critico d'Arte
Chiara Polita - Critico d'arte
La normalità che scorre quotidianamente sotto i nostri occhi racchiude in sé il
miracolo dello straordinario e dell'istantaneo frammento di assoluto che solo
gli artisti riescono a filtrare, come inesauribile archivio di emozioni. Una pioggia
di suoni, colori, rumori, i riflessi di un fiore o i profumi di un paesaggio vengono
drenati all'imbuto dell'anima e diluiti con la suggestione di ricordi, speranze e sensazioni.
Così, in questa forma istintiva di conoscenza del mondo, gli artisti assorbono la realtà
che li circonda e traspirano un'identità, pura ed innocente, che condivide di continuo
quel senso di infinito che contemporaneamente si rinnova dentro e fuori di loro.
Per Anna Urbani de Gheltof la presa di coscienza dell'essere artista, nel primo
periodo della sua produzione, si manifesta nel bisogno di definire lucidamente
la sua identità in relazione agli altri, a partire della cerchia degli affetti
più cari, primi nostri giudici e conoscitori, à rebours nel treno dei ricordi e
delle inconsce corrispondenze. Sono quindi il ritratto e la rappresentazione
della figura il primo centro focale della produzione. La ricerca dell'identità
passa attraverso il necessario viaggio nella propria memoria storica capace di
reinventare il presente. Così dal fascino di antichi scatti, patinati di affetto
e di ricordi, si stagliano il giovane volto della madre o l'immagine del pittore
Carlo Allegri, avo dell'artista:
scende qui il velo
del tempo e con esso si stemperano le tinte seppia e l'albumina della vecchia foto, sfogliando a strati
le emozioni, per accendere e rianimare gradualmente quel volto ancora attuale, lontano ma
così vicino nel cuore e nella mente. La figura si impone autorevole e decisa, con lo sguardo
proiettato nel futuro, mentre sullo sfondo indefinito sembrano scorrere veloci colori di
pensieri e sensazioni, dietro la trasparente tenda del presente.
E' soprattutto nel ciclo dei ritratti dedicati alla madre che Anna Urbani raggiunge un'
intensa carica espressiva.
Dal silenzio di un fondo nero compatto sulla scena del cuore si illumina, come fiammingo e lucido intarsio,
il caldo mezzo busto de La madre,
senza coordinate di spazio tempo, ancestrale rapporto che segna un'esistenza.
Guarda dritto e avanti la madre, con volto spianato e intenso, ma sembra ignorare chi la scruta: come allo specchio si
guarda, assorta su se stessa e regge il peso del pensiero con grandi mani che raccontano una
vita, solcate di espressione. Stessa luce ed emozione accende il volto della Madre con cappello,
il cui sguardo vibrante sembra invitare a distogliere l'attenzione dal quadro, quasi per
timidezza: qui l'affetto si traduce, oltre che nel volto, fragile e forte al tempo stesso,
anche nella suggestione distillata attraverso i dettagli del colletto bianco e della giacca,
che fanno parte di quell'atmosfera irripetibile, colta e fermata per sempre dall'artista.
Se l'identità degli affetti più cari passa attraverso lo straordinario miracolo quotidiano dei
semplici gesti, è nelle mani che l'artista sembra concentrare l'essenza della madre e nella
loro instancabile e silenziosa operosità: mani grandi, forti, nocche resistenti, in tensione
e pronte a intervenire, come nella Madre con pelliccia
o nel quadro "La lettura". Così in Maternità al mare, istantanea di un ricordo,
e in Maternità in Val del Sole
la figura materna ritorna avvolgente e protettiva: è guscio-culla di affetti e di innocenza, in un ciclo
senza tempo, in cui donna e natura, che partecipano dell'antico miracolo di dare alla luce una
nuova vita, coesistono in simbiosi e meditano, come in Madre nel paesaggio.
Ma l'attenzione per le mani che esprimono l'azione e il divenire è
presente anche in diversi altri quadri e ritratti di amici e conoscenti, della nipote e della stessa artista che
in un Autoritratto si rappresenta al lavoro di fronte alla sua tela:
cerca lo sguardo dell'osservatore e sembra
richiamare l'attenzione sul pennello e sulla mano segnata, vissuta, che regge il piatto tavolozza,
marcato di materia e di espressione; quasi a significare che l'artista non è la tela o la persona,
ma è prima di tutto i suoi colori, è quel gesto e quell'azione che crea una magica alchimia di
toni e di emozioni, da condividere e comunicare per sentirsi vivi.
Questo desiderio di conoscere e di raccontare la meraviglia della quotidianità proietta l'interesse
di Anna Urbani, non unicamente sulle persone, ma nella realtà stessa che la circonda: scorrono
così pagine accese di nature morte, iris, ninfee e magnolie o la terrazza fiorita della sorella,
sfumata di un dolce affetto. L'occhio del cuore osserva, segmenta, scompone ricompone la realtà
in un mosaico di suggestioni, in cui anche il dettaglio della decorazione di un paralume, in
un'atmosfera di luci ed ombre, può diventare sfondo rosso che gioca e si confonde tra gli
oggetti illudendo lo spazio e le apparenze, come in Natura morta su sfondo rosso.
In questo viaggio alla ricerca degli altri e di se stessa, da lucide e definite rappresentazioni
che esprimono l'essenza della persona rappresentata e del mondo circostante, nella cura del
dettaglio e del normale particolare, l'artista ha sentito il bisogno, nella recente produzione,
di tendere ad una sintesi per cogliere la metamorfosi delle sensazioni e delle cose in divenire.
Troppo veloce corre il tempo per gli artisti perché possano tradurre in azioni le suggestioni
della vita che pulsano sommerse e che essi assorbono ad ogni istante: come Moscarda di Pirandello
muore e rinasce nuovo e libero ogni giorno, perché ogni forma è una morte, così l'arte non può
fermare la vita e l'emozione su una tela, ma deve lasciarle fluire libere e continue, senza
dare nome, forma e un unico colore.
Per cogliere il mondo in divenire non è necessario affrontare grandi viaggi o sognare realtà
inesplorate: si può cogliere l'infinito e la realtà che si trasforma anche dalla luce di una
finestra; ciò che conta è la tensione dello sguardo, non ciò che è sotto i nostri occhi.
Un'interessante produzione di Anna Urbani rivolge quindi attenzione alla sua città, vista
dalla finestra di casa, cornice ideale di un paesaggio apparentemente scontato, che si rinnova
invece di continuo. Espressiva e intensa è la serie degli alberi, nell'immagine del Melo selvatico,
nelle varie stagioni, trasfigurato di incanto e di colori:
le foglie diventano sensazioni, colpi di luce
e fughe di pensieri, su un colore che fluisce rapido e corposo, con andamento spesso circolare, che sembra
ricordare la ciclicità ed eternità della vita, del cui mistero l'albero, dal grande fusto nodoso e robusto,
è silenzioso e sicuro custode. Come l'esistenza e gli eventi che maturano senza sosta, le chiome si rinnovano
sempre nuove e cantano la gioia e la bellezza della vita, quasi disegnando gli occhi della sgargiante
ruota di un pavone nel quadro "La quercia".
La stessa città, contenitore di vite, di persone e di incontri, diventa suggestivo centro di attenzione.
Si accendono così i Tetti di Padova,
colorati guizzi su supporti matrici che costruiscono a loro volta
figure, richiami e soluzioni espressive inaspettate, liberate dall'artista. Di giorno accesa da luci
d'oro o con l'abbraccio malinconico di un rosso tramonto, la città si racconta attraverso le sue
architetture che respirano la storia e dialogano con la contemporanea caotica e affollata realtà,
che fugge veloce sotto la rapida corsa del pennello. E in questa fretta, dove il tempo dell'emozioni
diventa spreco improduttivo, l'artista sente il bisogno di fermarsi e di trovare una certezza.
Pur nella ricerca della sintesi Anna Urbani non si chiude in espressioni ermetiche, ma resta
importante il bisogno di comunicare: ecco allora giungere a supporto le parole, voci del pensiero
che scorrono nel colore e diventano parte integrante dell'immagine; così in Si va verso la vita eterna
tra architetture e brevi frasi emergono fiammelle di persone che si slanciano verso l'infinito.
La stessa tensione ritorna in Vieni con me : le due grandi figure dei genitori sembrano emergere
da un solido trasparente vaso, fiancheggiato dalle sagome dei figli, mentre le esili sagome rosse
dei due sposi si allungano per staccarsi da terra, volando verso una nuova vita, che sembra ancora
incerta e buia, come il palazzo ombra sulla sinistra del quadro; ma i passi verso il futuro che li
attende si librano su un azzurro di speranza e sembrano protetti dal campanile e dalla cupola di
una chiesa che svetta verso il cielo, accanto a loro. Questo bisogno di purezza e di innocenza
ritorna inoltre nel fascino che l'artista sente nei confronti del velo bianco che identifica
alcuni momenti di candore della vita, quali la Comunione o il Matrimonio. L'azzurro circonda
allora le figure, mentre anime limpide e cristalline, avvolte nel bianco come angeli, si staccano
leggere e libere dalla gravità degli affanni e dei pensieri che ci ancorano alla terra.
Ricorrente nella rappresentazione della città è il tema del campanile e della cupola della
Chiesa del Carmine di Padova, che l'artista vede dalla finestra della propria casa e nella
quale riconosce un protettivo segno che tende all'assoluto: spesso il campanile si staglia
quindi sui cieli dei suoi paesaggi o proietta la sua alta ombra in suggestive visioni notturne,
fiancheggiato dalla cupola, definendo in tal modo nello spazio una linea retta, asse del mondo,
stabile certezza che tende all'infinito, e una linea curva che richiama il senso dell'eterno e il ciclo della vita.
" Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi":
così la Volpe parla al Piccolo Principe. Nello stesso modo, per Anna Urbani de Gheltof la sua arte e la realtà che
ci comunica non è semplicemente quello che l'occhio vede, ma ciò che la ruota dei sensi percepisce, orchestra e
ricompone alla vista del cuore, in un continuo gioco di sinestesie, che contemplano con sincera gioia lo
straordinario mistero della vita che si rinnova ogni giorno, con affettuosa dolcezza, nelle
piccole semplici cose.
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Paolo Vigato - Giornalista
Le figure che popolano i quadri di Anna Urbani de Gheltof ci vengono incontro con anelante
candore, con distesa animazione; comunicandoci un senso della socialità che è confidente e
familiare, pervaso dal piacere del trovarsi, ispirato dal gusto di una ricerca non problematica
ma affettuosa, rispettosa dell'identità e della diversità degli "altri". C'è nei confronti
della realtà - che più spesso coincide con l'umano, mentre meno pressante ci sembra per
Anna U. l'interesse verso l'enigmaticità delle cose, della natura morta - un approccio fiducioso
e dunque sincero, armonioso e rassicurante .
Un dialogo non certo semplicistico, ma che semplifica spigliatamente le modalità della comprensione reciproca.
Un rapporto con il mondo che è intessuto di relazioni "facili": grazia difficilissima da ottenere, oggi. La galleria di
ritratti che Anna U. ci propone, sollecita la nostra simpatia imponendosi con una vitalità
franca, aperta e generosa; istillandoci, sempre senza aggressività, messaggi di alacre stimolo
a incontrarsi, domande di positiva partecipazione a un vivere intenso come comune e quindi
trasmissibile. Il più delle volte , i parenti e gli amici di Anna U. sono nè più nè meno che
persone, nella loro concreta e immediata essenza così come viene percepita e a noi mostrata
dall'artista.
Qualche volta, i protagonisti delle sue pitture aiutano ad assumere l'emblematicità
di personaggi, fino ad attingere dimensioni simboliche: è il caso di
un'ammiccante Mascherina per strada, che ci guarda drittamente
negli occhi provocandoci a chiedere a noi stessi chissà cosa;
o di un'anziana madre classicamente composta il cui busto emerge quietamente
dalle ombre,
e il cui pensoso ma sereno viso riflette il mistero di un'esistenza solo accennata e che
però si intuisce ben ricca, nei sentimenti di una figlia grata. Le coloratissime opere di Anna U.,
sospese fra realismo e investigazione non critica delle vicende terrene di noi tutti, ci richiamano tutti
all'impegno di "esserci", con convinzione.
E con amore.
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Enza Gottardo - Professoressa
É un dipingere che predilige le vicende degli interni quotidiani, che abbraccia corpi e volti di persone care
che si dispiega abile nella serie di composizioni vegetali. É un dipingere che non si cura di programmi e di fratture; in
esso non vi é nulla di semplicemente edonistico. Non cerca di vincere o di convincere, ma di esprimersi e
comprendere esperienze di vita. E ci coinvolge l' autoritratto: un fermarsi, una pausa meditativa
costruiti dentro le dense diagonali
del busto e del cavalletto che, animando la narrazione, la rendono più dinamica e significante. Come anche il particolare dei piattini
di colore riesce a dilatare uno spazio esiguo che diviene tavolozza vibrante, piccola natura morta. Oppure il cestino di mele e fichi che tutto si
dá al piacere della vista con il tramite del colore,
veicolo di sensazioni che diventano autentiche nella maniera pittorica di Anna
U. de Gheltof e nella sua attuale ricerca di nuove di plasticitá. In un mondo stilistico e vocativo talora di suggestioni post-impressioniste
nell'uso di un colore timbrico che può suggerire ambiguitá bidimensionali, si colgono un naturale equilibrio nella composizione, uno spiccato
senso degli accordi tonali e delle forme semplificate, in un itinerario lungo il quale vale la pena di incontrarsi e che merita di essere conosciuto.
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Alessandra Possamai Vita - L'arte verso il profondo
L'arte verso il Profondo, azionando uno zoom puntato sul cuore dell'uomo: è questa la poetica di Anna Urbani de
Gheltof sin dagli esordi. Con il ciclo dei ritratti della madre l'artista coglie lineamenti, espressioni del volto, traduce il
linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito.
Gli occhi, lo sguardo ( La Madre), non sono mai muti, ma anche nel silenzio profondo raccontano e, a volte, comunicano
nella quiete, nella serenità, nell'assenza di parole.
Il volto è sintesi espressiva dell'anima, teatro aperto del suo mondo e della sua storia ( autoritratto).
Ogni volto è vita, è traccia di gioia e sofferenza, non mancano tuttavia i sorrisi, distesa serenità, accensioni e luminosità
che dipingono e riempiono i volti e lo spirito ( Ragazza che guarda lontano).
“Per capire quanto possa essere stata bella una donna anziana, bisogna non solo guardarla, ma tradurre ogni
lineamento...” sosteneva Proust nella sua “Recherche”. Ma oltre all'attenzione ai lineamenti, l'intensità e l'interpretazione
dello sguardo, l'artista pone l'accento sul messaggio evocativo del segno.Il volto si veste delle sue emozioni, si fa
interprete di quelle maschere che la modernità ci consegna, le sue forme, il suo dolore, le sue apparenze ( Il dolore delle
donne algerine)
. E' questo un periodo di svolta nella poetica di Anna Urbani.
La figura femminile scaturisce da una umanità dimessa, dolente e disperata, che rivela la sua condizione drammatica
tramite la deformazione espressiva.
E' una macchia di fuoco, profilata sinteticamente con saldezza e secchezza formale, le labbra rosse aperte a gridare il
proprio dolore, mentre la macchia nera dei capelli incornicia un volto dai tratti essenziali, una visione quasi luciferina
che arde tra lo sfondo infuocato.
Conoscere e raccontare se stessa porta Anna Urbani a spiegare la realtà che la circonda con paesaggi aperti al cielo, il
luogo deputato della luce ( Arsenale) . Il cielo di Venezia durante i pomeriggi afosi e al tramonto persegue un orizzonte
lontano, intangibile, senza fisicità né luogo riconoscibile, ma riesce a renderci il senso cosmico dell'immagine.
Nell'ultimo periodo della sua produzione l'artista smaterializza la forma ( Quasi temporale), rendendo l'aria e l'azzurro del
cielo supporto assoluto dei sentimenti.
Le nuvole galleggiano nell'aria, affollano il cielo con masse informi, fuggevoli,
che ricordano l'immagine del caos primordiale.
Il vero segno sensibile dell'aria è il vento che, con la sua azione, insemina la terra, con tratti curvilinei, vorticosi ed
elicoidali. Aperta, generosa, curiosa nei confronti della vita, la pittura di Anna Urbani recupera il realismo caro alla pittura
veneta, il senso timbrico del colore, gli accordi tonali che arrivano a trasparenze seducenti, a campiture di colore velato,
una tessitura tachista che ci svela una dimensione di armonia ed equilibrio.
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Alessandra Possamai Vita - Riflessi di colori, forme e memorie lontane
La conoscenza del mondo, la concretezza delle esperienze passate ed il loro ricordo hanno sempre
confortato Anna Urbani de Gheltof nello svolgersi dei suoi trascorsi temporali.
I colori si sono identificati con immagini, la loro comprensione è stata ipotesi e verifica, sono penetrati in lei e hanno svelato
la sua interiorità. Osservare attentamente quello che le stava intorno, ha consentito di stabilire un rapporto, capire che
il mondo ha un'anima e un'esistenza. Il colore è diventato la variabile di un elemento continuo - la luce - che ritrova nella luminosità
e nella sua trasparenza la metafora di una spiritualità trascendentale.
Il riflesso ha sottolineato una funzione spirituale, un elevarsi del colore stesso, della forma e delle tessiture, dialogando con
le superfici delle cupole veneziane dei tetti, dell'acqua, delle cattedrali.
L'artista si è fatta dunque sedurre dalle percezioni cromatiche, creando uno scarto tra "il suo qui e l'altrove", separazioni
di affetti, ricordi e gioie lontane.
Nei ritratti, spesso frontali, lo sguardo è l'artefice di una osmosi tra ciò che è visibile e chi vede, ogni elemento
luminoso è sguardo del mondo, il volto, talora, si deforma come un urlo dell'anima, che piega le sue linee, riflessi interiori,
un modo di essere, un trasporto, un coinvolgimento emozionale.
Vedere attraverso lo sguardo di qualcuno, questo ci permette Anna Urbani: i suoi sentimenti echeggiano nelle risonanze, nelle
corrispondenze, nelle identificazioni tra fisico e psichico, tra sognato e desiderato.
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Cudin G. - Pensieri della mia mente
"Sento attraverso il colore" affermava un grande artista", quindi è da esso che la mia tela sarà sempre organizzata.
E' tuttavia opportuno che le sensazioni vengano condensate e che i mezzi utilizzati siano portati al massimo della loro espressione."
Caratteristica che si addice all'opera di Anna Urbani de Gheltof, alla ricerca continua di forme espressive sempre piu' vicine al suo mondo,
ove è incalzante la forma, esaltata da soluzioni calate con semplicità, dove le figure pur appartenenti "alla gioia del dipingere", vivono il
contrasto, l'inquietudine, la frenesia dei nostri giorni. In queste sue ultime tele, l'intersecarsi della figura con il colore, è un
equilibrio di ritmi ed evoluzioni che riconciliano il realismo con l'astrazione.
La pittrice continua nella sua evoluzione, con una logica che non si lascia tentare di aderire a qualche corrente contemporanea,
ma rimanendo se stessa, esprimendo la purezza delle sue sensazioni, trasformando le proprie emozioni in punti "di partenza" del suo fare,
cosciente dei mezzi che possiede, spinta nell' autonomia delle sue visioni.
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Cudin G.
Dipingere per Anna Ubani de Gheltof significa ogni volta la ripresa della via di casa, dove adagiarsi nella rievocazione di un modo di vivere e di costume, è caro ad un tipo di pittura sincera, meditata, frutto di un’analisi interiore mai casuale, ma rivalutazione delle “piccole cose”, acceso da un fuoco interiore romantico, forse d’altri tempi, che non va dimenticato, ma alimentato per il piacere di poterlo vivere.
Le sue pennellate fanno trasparire un’atmosfera, presenza di un vivere ponderato, riflessivo, rifiuto dell’avventura, ma desideroso di un’intimità e pudore, che è raccoglimento di pensieri che provengono da un’eco lontana, storia della sua vita, approfondita nelle sue ragioni poetiche con il passare degli anni.
Anna nelle figure, riesce a dare un’atmosfera quasi crepuscolare, che avvolge i volti, i profili, facendoli poi risaltare dalle ombre profonde con segni precisi, luci che illuminano l’opera, che escono dalla tela, nel silenzio delle cose.
Il suo fare è volontà costruttiva, che elimina il gusto dei particolari brillanti, fissandoli in una pittura che lascia “nell’indefinito finito” una rara dimensione dell’intelligenza creatrice, che rimane chiusa nella sfera degli interessi visivi, che determinano lo spazio della sua esperienza pittorica, svolta soprattutto nella profondità di un severo intimo raccoglimento.
La ricerca dell’oggetto messo a fuoco in maniera non determinata, è insito nella sua pittura, sempre con una capacità di attenzione che si esprime nel potere evocativo delle cose, nell’ambito di un mondo fatto a volte di piccole cose, ma di un fascino antico.
Si avvertono qua e la’ il ritorno a quel mondo di immagini ispirate da alcuni aspetti della cultura veneta, dalla sua famiglia, da paesaggi fatti propri, cari allo spirito di chi sa di appartenere ad un mondo ove amore e solitudine, sono caratteristiche di una figura di artista, ormai avviata a riconoscersi in alcuni fondamentali schemi di visione, che appartengono alla raffinata e originale connotazione di artista autentico che esprime con certezza la sua maturità raggiunta.
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Paolo Levi
“Centro focale della ricerca artistica di Anna Urbani de Gheltof è la ritrattistica come rappresentazione non tanto
dell’aspetto quanto della psicologia che si rivela nelle espressioni dei volti. … La pittrice travalica i confini della pura riconoscibilità,
per restituire le profondità caratteriali e le tracce che le esperienze lasciano sulle fisionomie, instaurando un dialogo fra la sua pittura e
il soggetto rappresentato fatto di sottintesi e di tensioni emotive, altrimenti inesprimibile.”
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Salvatore Russo
“A mio parere la sua arte è una meravigliosa danza poetica che attraverso le sue trame raggiunge l’infinito.”
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Salvatore Russo
…”Oltre la pittura prettamente commerciale tendente all’omologazione di
massa, si sviluppa l’Arte reale, quella che viene dal cuore di Anna Urbani de Gheltof.
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Sandro Serradifalco
…”Volti che sono simboli di situazioni e personaggi di respiro universale, tratti sul supporto da
una mano talentuosa e capace di donare all’operato pittorico dinamicità e compostezza. …”
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